20 dicembre 2007

Frammenti di parole sparse

"Allora, come sta la mia scrittrice preferita di racconti?" La mail era come sempre senza oggetto. Lei rimase ferma immobile a fissare in silenzio il monitor del computer alla ricerca del perché di quella domanda. Poi, mentre la mente cercava le parole giuste per colpire senza ferire, arrivò una seconda mail. Immediata. - "Ho iniziato a leggere Saramago". Pausa.- "Che ti pare?" replicò a raffica dimenticandosi la prima domanda. "La prima impressione è strana - disse - gente senza nome che al semaforo perde la vista e vede tutto bianco.. (certo non gli farà aumentare la fiducia verso le persone e la nostra società, pensò lei in silenzio). - "C'è una durezza che pervade e un po' strangola subito il lettore, un'inquitudine che prende subito allo stomaco - replicò -. D'altra parte stamattina in auto, se ci penso bene, non ho visto nulla e il bianco latte descritto dall'autore riempiva anche la mia testa. Purtroppo non aveva il profumo di quello di mandorle del tuo racconto. Ma non dispero, anche se ho capito che la malattia si diffonderà a macchia d'olio". A questo punto nella mail lui aveva sapientemente saltato una riga. Aveva creato l'attesa, l'aveva messa in suspance prima di affascinarla come sapeva fare solo lui con le parole. Così lei fece una pausa veloce, prese fiato e concluse la lettura: "Stasera, piccola mia, ti avrei chiesto di leggermi il tuo libro preferito, sul divano. E poi ti avrei riversato addosso miei problemi e vicende, svuotandomi la testa.." - "Che succede? quattro chiacchiere virtuali possono dare sollievo? io son qua", replicò spedita- "Nulla di particolare, solo desiderio di attenzione, nel vuoto della città. Qualche carezza a un cane randagio che non riesce a uscire da un frammento di tristezza. Nuvole che poi passano. Piuttosto raccontami qualcosa di te, ieri sei andata al mare, hai ballato, mangiato, dormito?"Ogni conversazione aveva un retrogusto inquisitorio. Non di quelli investigativi fine a se stesso. Perché nascondeva il bisogno di partecipazione a una vita che ancora non gli apparteneva. Che sentiva, ascoltava, immaginava ma non condivideva ancora. Non come lui avrebbe voluto. Curioso, come sempre era stato. Di tutto ed ora anche di lei che sguinzagliava fuori alla ricerca di emozioni per sentirsi viva, utile e appagata. E lui? Aspettava il racconto. Il dopo. Quell'annotare sintetico ma pieno di particolari che gli rendeva la scena anche senza averla vissuta. E ascoltandola poteva solo immaginare. Poteva solo pensare di aver voluto essere lì, essere presente, essere con lei. Di gioire di quello sguardo complice. O di quella smorfia celata. Intuire l'imbarazzo, o l'eccitazione. Seguire i ragionamenti taciuti ma espressi con quegli occhi vispi che ormai conosceva come le sue tasche. Come i risvolti di parole dette per compiacere ma mai pensate. Come quei gesti fatti per apparire ma non meditati. Un mignolo alzato sorseggiando un bicchiere di vino bianco per sentirsi intellettuale fino in fondo. E quindi all'altezza della chiacchierata. Una gamba che si accavalla sopra l'altra per insinuare un movimento sensuale a bordo di una sedia. Una ciocca di capelli che scivola dietro la spalla con un gesto rapido come segno di stizza. O il corpo che si ritrae a fondo, le mani che si incrociano e restano in posizione d'ascolto. Lo sguardo fisso ma assente. Un'assenza che solo lui sapeva intuire: un'assenza sintomo di una mente altrove. E lì, le avrebbe chiesto: "A che punto del ragionamento ti sei fermata? dove sei andata a finire? In quali mondi veri o presunti, reali o immaginari hai proiettato te stessa? "Amore - le avrebbe detto tenendo il suo volto tra le mani calde e osservandola con dolcezza - torna da me. Ascoltami". Pausa. Ripresa.- "Che ti succede? fai sempre domande e non dai mai risposte" - replicò acidamente lei che aveva già fatto cinque passi avanti prevedendo una risposta che poi non arrivò. Poi si sciolse e riniziò da quella domanda a cui voleva tanto rispondere. Raccontare le dava un duplice ritorno: la soddisfazione di dirgli di essere stata bene anche senza di lui, e orgogliosamente ricalcare quel senso di estraneità alla loro relazione appena iniziata. Del tipo: sono abituata a stare sola e me ne sto anche bene. Mi sono gestire a perfezione. E mi diverto. Ma la carica di esuberanza durava poco e spesso le si ritorceva contro. Così a prevalere era sempre la mancanza. Mancanza di lui. Mancanza di un noi. Di scene, persone e situazioni vissute con altra gente ma non insieme. Di gusti amari in bocca e di quella sensazione di vuoto. Di assenza. - "Cosa ho fatto ieri?" - riprese - "sono andata al mare e mi sono coperta di lentiggini. Mi sentivo una zitella, sola con il mio libro (ho finito anche Oceano mare di Baricco che mi ha lasciato senza giudizio) e le mie cuffiette.. poi sono tornata a casa mi sono seduta in terrazza ancora coperta di salsedine con i capelli arruffati.. ho aperto una bottiglia di vino e mi sono ascoltata Keith Jarrett respirando l'odore del vento nel silenzio che solo questo paese sa concedere finchè l'ultima nota del pianoforte si è spenta sul mio terzo bicchiere. Lì ho capito che mi dovevo fermare. - "Sei triste?" chiosò sull'eco del sapore di vino. - "No affatto" - mentì spudoratamente atteggiandosi la donna forte che voleva e aveva sempre voluto essere senza averne motivo.- "Te che hai?" aggiunse provocando la risposta- "Nulla" - scrisse perentorio.Poi uscì il fiume emotivo. Non tanto a parole, perché la risposta fu breve, secca ma incisiva quanto basta per capire che sotto, appena sotto da quello strato sottile di ghiaccio che d'inverno rende accecanti gli specchi d'acqua, si nascndevano metri e metri d'abisso freddo e ibernato chissà da quanti anni. La corteccia era dura da rompere. E lei ci aveva provato già un paio di volte senza scalfire. Ma quel giorno, era lui che aveva deciso di aprire un piccolo varco. Lei lo vide. E ascoltò."E' che sono inquieto, fin da ragazzino. Sento il bisogno di rinnovare continuamente il mio spirito e cerco cose nuove. Se m'impantano mi spengo e faccio fatica a ripartire. Vorrei avere tutto senza perdere niente. Ma soprattutto vorrei essere sempre altrove da dove sono".
Rimase senza saliva in bocca. Una sensazione strana le corse rapidamente lungo la colonna vertebrale irrigidendola fino alla cervicale. Spostò leggermente la testa verso destra, si ritrasse indietro, scosse la nuca e rilesse lentamente "vorrei essere sempre altrove". Avevano già iniziato a sudarle le mani. Continuava a scorrere col mouse quelle poche righe cercando di unire le due cose in un unico concetto. La forza delle parole era così intensa e inusuale alle sue orecchie che la spiazzò. Mai le era capitato di ascoltare un grido di dolore acuto e intenso. Mai si era sentita così responsabile dello sfogo silenzioso e dimesso di un uomo. Mai si era sentita responsabile della rottura impetuosa e rapida di una diga così ben fatta. Non sapeva se essere felice di aver centrato un obiettivo (entrare nel profondo del suo animo) oppure no. E restò lì ferma dieci minuti a vivere come di un eco. Ovvero del rimbalzo di una voce lanciata dall'altra parte della montagna da uno sconosciuto che aveva solo voglia di urlare qualcosa. Ma quel "qualcosa" era arrvivato a lei e anche se confuso e minimamente accennato aveva già valicato ogni senso letterale per diventare emozione. Un'emozione pura che aveva carpito i suoi sensi.La vita è buffa e mi sorprende sempre, pensò tra sè e sè e le venne in mente ancora Baricco e Oceano mare, quel libro per lei senza giudizio perchè non lo adorava nello stile, nè nella prosa ma nell'intreccio certamente aveva pochi rivali. E gli scrisse."sai in Baricco, oceano mare (il mio-tuo libro senza giudizio) c'è un uomo si chiama Bartleboom che scrive ogni sera una lettera per la sua donna. non l'ha ancora conosciuta ma sa che prima o poi arriverà e per raccontarle ogni suo giorno ha intavolato un epistolario surreale di fatti ed emozioni da regalarle chiusi in una scatola di mogano. Un giorno si pone la domanda: ma come farò a riconoscerla? la risposta non arriva finchè un giorno non trova una donna bella che lo ispira. le dà le lettere nella scatola ma lei non capisce il gesto, ne legge tre poi si stanca. Dopo alcuni anni alle terme s'innamora di Anne. Abbandona il primo abbaglio e inizia a cercarla con la scatola di mogano in mano. Quando la trova si fa annunciare ma in casa al pianoforte trova la gemella. La scambia per la sua Anne ma lei lo mette di fronte alla realtà: sono solo sua sorella gemella. Parte e cerca Anne, e quando la trova si accorge che le lettere le ha dimenticate sopra il piano. Ma si dichiara ugualmente. Il destino però è beffardo: Anne si deve sposare tra dieci giorni. Arriva così un no secco. Ritorna a prendere le lettere e rivede la sorella. E' uguale. Ci prova anche con lei, disperato. Ma è un no anche questo. Così regala la scatola di mogano alla servitù perchè ne facciano un bel fuoco. E lui inizia a ridere. E ride per giorni e giorni. Ride a non finire finchè muore. domanda: Che senso ha la favola se la realtà poi la uccide? risposta: rende eccitante il percorso, senza pensare alla meta che potrebbe - una volta conquistata - deluderci, perché l'aspettativa sarà sempre più alta". "Ho letto e riletto Baricco, lo conosco a memoria - replicò prontamente, capendo che lei aveva portato la discussione altrove -. Stasera riprenderò Oceano mare, lo so è la mia vita. Vivo di rimbalzi di voce. Rileggerò quelle venti righe come per averle vissute. Mami ricorderò del tuo profumo intenso di mandorle e dei baci con le labbra socchiuse. Avrei voluto entrare in casa tua e guardare il libro sul tuo comodino prima di scappare via nella notte. Sei quel tipo di persona che cerco da sempre".

2 ottobre 2007

E sento arrivare l'inverno. Sono in bilico come una foglia secca. Che sta aspettando la volata d'aria per staccarsi dal ramo e volteggiare verso terra. Al sicuro, chissà. Il mio umore varia a giorni, spesso a seconda del tempo. Il piede con cui scendo dal letto è sempre quello giusto e non potrebbe essere altrimenti, visto che a sinistra il letto è attaccato al muro. Ma ogni mattina porta lo strascico del giorno precedente. Di un fine serata passato a divorare le righe magiche di Marquez o ascoltare le note impalpabili di Jarret. Entrambi regali di persone lontane, ora anche dalla mia vita. Vivo di favole e grandi sogni. Ma anche di mezz'ore rubate al tempo altrui. Mi sento attrice di teatro, spesso in scena al centro del palco con il pubblico silenzioso uditore ma attento scrutatore, abile critico ma generoso di plauso. E' l'uscita e il ritorno dietro le quinte però a destabilizzare un animo egocentrico come il mio e bisognoso di esclusività. L'amore? Sì credo di averlo trovato. In lidi lontani e sconosciuti. Dalle geografie immense e imperscrutabili. Percorro strade avverse e non sempre asfaltate. Il brivido è l'emozione che quotidianamente mi avvolge. Una centrifuga di sensazioni a trecentosessanta gradi ineguagliabili e che non cambierei per nessuna cosa al mondo, se non - forse - con un po' di quotidianità. Le cose semplici non sono fatte per me. Ma anche in quelle complicate cerco sempre un equilibrio che non deve essere stabile, ma quotidianamente reiterato nel suo reinvertarsi. E io ho deciso di reinventarmi, scegliendo come. E con chi. Ieri, nella miriade di parole spese virtualmente via mail, ho ritrovato i miei limiti ma anche le mie passioni. E forse la vita è davvero qualcosa che va presa per quello che ti dà. Per gli incontri fortuiti che cambiano la tua esistenza, per i mondi lontani che si avvicinano, per le esperienze diverse che collimano, per le anime elette e gemelle che si fondono. Spesso ho chiesto nella mia vita alle persone che incontravo e vedevo felici: come avete capito che era quella o quello giusto per voi? Nessuno in realtà mi ha mai risposto. Ma non perché non lo sapesse. E l'ho intuito solo ora. Solo perché la riposta non può essere razionalmente spiegata. Lo sai. E basta. Perchè lo senti dentro. Lo senti di pancia. Lo senti guardando i suoi occhi. Lo senti respirando il suo odore. Perché da quel momento non esiste altro che lui. E ti guardi intorno. E tutti sono uguali. Nessuno è come te.

13 agosto 2007

Verso l'autunno

Il caldo ha ceduto. Ormai si dorme con il lenzuolo, e verso l'alba ci si alza a chiudere la finestra per l'aria fresca che s'insinua sotto le coperte. La mattina è sempre più difficile alzarsi e recuperare la primordiale posizione semi-eretta; dirigersi verso il bagno, aprire il rubinetto d'acqua fredda e spogliarsi. Fra un po' ci saremo dimenticati dei pigiamini corti, inesistenti, impalbabili.. tutti arruffatti nelle copertone di lana, nei calzoni per tenere caldi i piedi e nei pigiamoni felpati. Basta riccioli dietro, nella coppa, che l'involontario sudore notturno ancora oggi regala. Basta sudate serali per piastrare capelli ribelli e profumati di salsedine. La carnagione diverrà biancastra e per alcuni riscoprirà il piacere del solario artificiale. Torneranno le calze da ottanta denari "stile nonna o donna d'altri tempi" e gli stivaloni. Mani congelate, gote rossastre, burro di cacao perennemente in borsa per dare sollievo ai piccoli tagli sul labbro inferiore. Tornerà la voglia di divano, di calde tisane e lunghi film da gustare appollaiati e arruffati. Di plaid che profumano di ammorbidente e che si asciugano in sette giorni. Di vino caldo profumato di cannella o di un semplice brunello a temperatura ambiente e di castagne girate nel forno con cui bruciacchiarsi i polpastrelli. Caminetti accesi, coccole strette e baci che riscaldano cuore e membra. Tornerà la voglia di dormire appiccicati, annodati per non sentire il freddo. Di chiudere le finestre per isolare la casa, anche dai rumori di strada. Tornerà la voglia di non volersi più alzare la mattina per ascoltare in silenzio la pioggia che cade cadenzata. Di fare il bagno, anzichè doccia, in atmosfere romantiche create ad arte con musica e candele, tante e dovunque. Di profumi invernali: profumo di oceano perduto nella casa, di rose di provenza nell'armadio, di incensi consumati leggendo un libro in due, di fiori di sapone sparsi nell'acqua a sciogliersi. Tornerà la voglia di spogliarsi piano piano, levando strati su strati. Di scoprire pezzi di pelle nascosta da maglie, canottiere, camicie, maglioni, giacche, sciarpe e cappelli. Tornerà la voglia di neve, di week-end in montagna. Di legno di sandalo bruciato e di pelli che si amalgamano sopra un tappeto. Tornerà la voglia di teatro, di odori antichi e di cultura da interiorizzare e portare sempre con sé. Resterà la voglia di ascoltare un pianoforte la domenica mattina a risveglio con l'odore del caffè appena pronto, una torta di mele nel forno e il giornale fresco di stampa che aspetta di essere letto. Resterà la voglia di non avere programmi. Di prendere carta e penna per appuntare la propria vita e dare senso letterario alle emozioni. Resterà la voglia di regalare dolci emozioni per arricchire cuore e mente, per condividere un itinerario che non avrà una meta, perché sarà apprezzato nel suo percorso e non nel fine ultimo che esso si pone. Giorno dopo giorno.

17 luglio 2007

Congiunzioni astrali

Il mio sogno era questo: l'uomo della mia vita l'avrei incontrato in treno, sarebbe stato un medico, un pianista. Avremmo amabilmente chiacchierato seduti, interrogandoci a vicenda sui rispettivi misteri di un incontro fortuito e voluto solo dal caso. Del tipo: era già stato scritto che dovevamo incontrarci quel giorno, a quell'ora e su quel treno. Ci saremmo scambiati i numeri di telefono in un biglietto strappato a mano. Nulla di formale: tutto terribilmente e inspiegabilmente, spontaneo. Come se ci conoscessimo da sempre; come se entrambi avessimo sempre saputo, in cuor nostro, che da qualche parte in qualche luogo, qualcuno stava giocando - anche beffardamente - con il nostro destino. Il mio desiderio era questo: il lavoro della mia vita l'avrei desiderato a lungo con tutte le mie forze. L'avrei coltivato passo dopo passo. Perché non volevo raccomandazioni, spinte. Ma la certezza di essermelo guadagnato, sgobbando e con una forte volontà. Il lavoro della mia vita era mettere un piede in questa redazione, in questo giornale, in questa città. Perchè il caso favorisce la mente preparata (dicono). E rompere le scatole, farsi vedere, ricordare, apprezzare è una strategia che alla lunga ripaga. Anche se con un contratto a tempo determinato, o yogurt (mi piace già di più come definizione).Sì, è davvero caduto il quadro. In ogni senso, in ogni settore. E il bivio che si è aperto davanti mi emoziona e mi fa paura nello stesso tempo. Sarà la mia favola o un'ironica commedia noir magari senza lieto fine? Ora, forse - cito il tuo Baricco, e me ne perdonerai - devo solo scegliere cosa non voglio per capire cosa voglio. In ogni caso, preparati: ho deciso di nutrirmi della tua vita, della tua linfa. Di assorbire il tuo mondo e il tuo sentimento. L'esperienza mi dice che, vada come vada, avrò comunque vinto: arricchendomi di te.


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