14 dicembre 2020

Una romantica malinconia in un universo sconquassato

Scrivere unisce due gioie, diceva Pavese, parlare da solo e parlare alla folla. Ed è così che ho sempre inteso l’arte liberatoria della parola scritta, quella che ho scelto (talvolta) di condividere con voi su questa pagina virtuale sperando di non annoiarvi e non appesantirvi con i miei moti d'animo ondosi. 

In questi giorni mi sono trovata spesso a riflettere sul senso di stanchezza. Mentale più che fisica. Ho ragionato sul passare dei giorni, sui limiti e sulle possibilità del nostro vivere odierno. Sul groviglio di emozioni che provo, talmente tante e in conflitto tra loro, da non riuscire a snodarsi e fluire consapevolmente né, qualche volta, a trovare una qualche espressione esteriore. Tristezza, rabbia, remissione, debolezza, impotenza, paura. Stanno cedendo anche i miei forti filtri razionali e me ne accorgo quando spengo gli schermi e vedo davvero me stessa. Senza ruoli, senza maschere, senza funzioni. 

Sono una delle tante persone che sta cercando un senso all’oggi e indaga sul domani. 

Si fa domande. Pensa. Sogna. Sperimenta. Cerca. 

Ho sempre sostenuto che la condizione emotiva dell’animo curioso e pensante, sia la malinconia. In passato lo chiamavano umor nero perché se esso prevaleva sugli altri umori del corpo, si sognavano cose paurose e tristi. Personalmente intendo la malinconia nel senso romantico del termine, come uno stato di inquietudine, ‘un intimo dispiacere per un desiderio non appagato’, il senso della noia, un ricordo che rende tristi. Non ho mai temuto la noia, se essa è un'occasione di riposo, e nel tempo ho imparato a gestire positivamente la tristezza, una condizione dell’animo che spesso mi permette di vivere più consapevolmente. La tristezza è come una giornata di pioggia, fa parte dell'ordine delle cose, sai che prima o poi arriverà e potrà durare una mezz'ora, una mezza giornata, due-tre giorni ma poi passa e torna il sole. 

Ma il tema che si presenta alle mie viscere oggi è un altro ed è la sensazione malinconica del mio/nostro nuovo essere in questo mondo e di come ci si possa ri-posizionare con un nuovo e prezioso significato in questo universo sconquassato. 

L'attesa di questo nuovo domani è più lunga del previsto ed è spossante. 

Se nel primo lockdown ci siamo dati una vera occasione di stop e riposo da un cortocircuito inceppato, ora siamo dentro una prova di resistenza umana ed emotiva alla costante ricerca di appigli per non perdere il senso del vivere che, tornando al concetto di malinconia, si nutre oggi di desideri non appagati (pensate al viaggiare nel mondo per esempio), di ricordi tristi (le persone care perse o lontane) e di noia (intere giornate a casa in regioni rosse, arancio o per decreto). Spogliati di tutto il superfluo che ora vediamo così evidentemente vacuo, spogliati dei vestiti eleganti, dei gioielli pesanti, della socialità effimera e riempi tempo ma anche delle buone relazioni e della scoperta del nuovo che può avvenire attraverso un viaggio all'estero, un incontro sul lavoro, una chiacchiera con uno sconosciuto su un treno, siamo rimasti “solo” noi e quello che siamo/valiamo dietro uno schermo in funzione di uno spazio casalingo che condividiamo con la nostra metà, i figli, una famiglia qualunque forma essa abbia. E' in questa intimità che sta la nostra vera forza oggi ma non possiamo chiuderla qui. E' una trincea calda e difensiva, la migliore a nostra disposizione ma il mondo vero resta fuori e, anche se soffre e ora ci è proibito, è lì che torneremo.