30 ottobre 2008

Pane e burro

Io e te come pane e burro. Ho pensato a questo stamani. La frase mi ricorda un film ma non ricordo quale (maledetta memoria). E girovagando in internet ho trovato un blog con questo nome. L'ho letto, ne ho condiviso alcune frasi ma mi sono sentita fortunata nel non condividerne altre. La fortuna di averti trovato, oggi ha il sapore e l'amalgama del pane e del burro. L'uno rende soffice e saporito l'altro, danno forza e calorie per affrontare un'intera giornata e dio solo sa quanto fanno bene alla salute.
Riniziamo. Buongiorno tesoro. Oggi sono venuta a lavorare a piedi. E ho il tuo odore ancora addosso. La casa sa di te e i piatti sul lavello con i bicchieri di vino ancora mezzi pieni sanno di noi. Piccoli gesti di vita quotidiana preziosi perché rari. E chi l'avrebbe mai detto che stiamo male a saperci uno in una stanza diversa dall'altro? A fare cose diverse o a non condividere una risata di un film? Siamo questi noi tesoro. Pane e burro. Magari un giorno non saremo più così, chissà. Ma adoro non riuscire ad andare a letto senza te. Adoro addormentarmi scomoda sul divano per aspettarti. Adoro condividere ogni secondo di cui se non ne bevo ogni goccia mi sembra di non averti vissuto abbastanza.

16 ottobre 2008

Quel fisioterapista di Lecce ...

Il panettiere continua a chiedermi di te. Sai, ci parlo da mesi ma ho scoperto solo ora il suo nome: Paolo. La moglie si chiama Chiara. Sono la mia parentesi di vita in pausa pranzo. Mi scaldano la piada o un pezzo fugace di pizza e io sto lì a mangiarla con loro. Mi vedono dagli occhi se sto bene o male. E negli ultimi giorni li avevo appositamente evitati. Oggi no. Sono entrata con un sorriso a ventisei denti (tanti quanti realmente ne ho in bocca) pronta a sentire che appartamento avevano oggi da proporci. E si sono perfino scomodati a chiedermi se sabato ti porto da loro. Sono curiosi e so perché: leggono amore nei miei occhi e anch'io - e fossi loro - vorrei capire a chi è dovuta tanta dovizia di attenzioni. Poi ci sono Carlo a Antonia e questi li conosci anche te per aver pagato i conti grossi e per la fatidica domanda - a dire il vero assai inaspettata -: a quando i confetti? Ti manca Loris che è il gestore del secondo bar, quello che scelgo quando voglio stare comoda e anche lui mi fa la radiografia allo sguardo e sa che quando è assente è perchè ho il cuore altrove. Penserai che giro con i manifesti attaccati, e che ogni occasione è buona per aprire bocca. No, tesoro. Sono la donna più riservata del mondo; è che parlano i miei occhi per me e non posso nascondere le lacrime siano esse di gioia o tristezza. Tutti ti amano ancora prima di conoscerti e questo è per me fonte di gioia enorme. Così, mentre tornavo indietro in ufficio - nell'attesa di incontrare Angelo (??) il fisioterapista di Lecce che aveva capito da subito in cosa si era imbattuto sul quel treno - ho seriamente pensato... abbiamo un bel po' di testimoni...

Nebbia

Mi mancava. Quell'impalbabile grigio umido bagnato che si attacca alle ossa, arriccia i capelli e annulla il mondo. E te sei lì come in una bolla di sapone, ovattata e crespa, a cercare le linee delle cose e recuperarne i colori. Stamani sotto le coperte mi sei mancato come mai. Ho il tuo odore sul cuscino che abbraccio appena mi sveglio. Sai com'è, involontariamente finisco sempre di là, a cercarti per scaldarmi le membra. Spero di vederti oggi. Ma deciderà il caso per noi, come sempre.

15 ottobre 2008

Ricordi di una sera a teatro

Mezzanotte. Mi sento una cenerentola destinata a non perdere la sua scarpetta.
Cerco rifugio in solitari pensieri tra le vie della mia città. La nebbia pesa sulla fronte e bagna le strade come pioggia. Pochi incontri. Solo il fiume, dietro di me, di gente che esce da teatro. Chiusi nel cappotto. Berretto basso e sciarpa alta. Poche chiacchiere stasera. Fa freddo. Scruto attraverso il grigio. Frammenti di una città senza voci. La statua di Vittorio Emanuele che qualcuno ha osato proporre di togliere dalla piazza, le vie vuote che aprono le loro prospettive, i palazzi antichi sopra le vetrine dei negozi. Così alti che spesso si fa fatica a sollevare il mento per ammirarli. L’ordine simmetrico delle auto parcheggiate ai lati del corso, i papiri di laurea che addobbano sempre quei tre angoli, crocevia di curiosità. E i portici che, se non si presta attenzione, si rischiano macchie indelebili. Un altro regalo da parte dei pennuti abitanti appollaiati sui ferri degli archivolti.
Solo profumo di vento attorno a me. Mi si avvinghia addosso. Lo respiro, lo riconosco e lo porto a casa.

13 ottobre 2008

Torno in me

Centrifugata dalle mie stesse emozioni. Avrei scritto fiumi in questi giorni ma mi sono tenuta dentro molto e poi te l’ho sbattuto in faccia senza difese. Hai visto la parte più pura e vera di me. Quella parte che per paura non ho mai mostrato a nessuno nemmeno a me stessa. Me ne sono resa conto stamani di quanto ero e sono debole e indifesa quando parlo col cuore. E ora ne sono sicura: nella mia vita prima d’ora non sono mai stata innamorata. Lo credevo. Sì, l’ho creduto una volta e sai con chi. Ma ne ero lontana anni luce. Era altro. Non il cuore che parlava. Perché quando parla il cuore, l’ho sentito, sono un’esplosione irrazionale di sensi. E io, amore mio, sono terribilmente legata al tuo cuore. Ti sento quando soffri e quando stai male. Ti sento quando sei felice e ti sento quando sei lontano. E io non posso nemmeno immaginare una vita senza te. E io non posso nemmeno immaginare che esista qualcuno più innamorato di noi. E sono sensazioni nuove che forse devo imparare a controllare, non so. Sono emozioni di vita che però voglio vivere anche nella loro tristezza perché racchiudono un senso alto e profondo che è un amore vero. E se penso che la nostra storia è iniziata per caso. Che si è nutrita con due libri incrociati come Novecento (una favola) e L’amore ai tempi del colera (un romanzo, anzi, il romanzo d’amore). Se gode di colori che solo noi sappiamo dipingere, della tua musica e delle mie righe. Se è pieno di foto mai scattate ma così impresse nella mente. Se è già un libro pensato e non ancora scritto per paura del finale (quello scenico, non certo il nostro). Se vive di teatro e di colpi di scena. Di risa e di pianti, in ugual misura. Dio mio (penso): sono la donna più fortunata del mondo. E sì, rispondo a ieri sera: sarò la tua donna per sempre. Contaci, non vorrei altro ruolo che questo. Perché io ti avrei già sposato mille volte. Io ti avrei già accolto in me con tutto quello che mi puoi dare. Perché non ho più paura (altra conquista): non ho più paura di quello che oggi considero la cosa più grande e bella che possa capitarci.

9 ottobre 2008

Un po' d'aria

Strappo cinque minuti del mio tempo per me stessa e per noi. Per scrivere quello che da ieri mattina mi passa per la testa e che ho bisogno di dire. Ho ripensato a piccole cose della mia infanzia che mi hanno reso felice. Ho pensato a quell'unica volta che mio padre mi venne a prendere a scuola. Quello stupore nel vedere lui e non la baby sitter, quel sollievo nel consegnargli lo zaino e fare quattro passi verso casa raccontandogli la mattinata. Ho pensato a quel venerdì di ogni mese che mia madre aveva il giorno libero da scuola e nel pomeriggio si usciva in bici (mia sorella davanti e io dietro attenta a non inforcare i piedi nei raggi delle ruote) e si andava in quel negozio affollato di giocattoli a comperare un accessorio per le Barbie. E se ero stata brava anche un nuovo puzzle che avrei costruito la sera con mio padre pezzo dopo pezzo.
Hai il dono di svegliare emozioni che ho ben presenti nel cuore e lo fai con racconti dolcissimi di una mattinata speciale. Ti rompo sempre per sottolinearti di non rendere nulla normale e banale anche quello che potrebbe esserlo perché nella vita siamo noi a rendere ogni cosa speciale. Per come la viviamo e per come la ricordiamo. Ieri sera prima di tornare a casa ho fatto due passi in centro da sola. Mi sono presa un mucchietto di castagne e mi sono scaldata le mani. Ho passeggiato guardando in giro le persone. Le coppie. Ho visto mille romanzi nei loro occhi ma ne leggerei pochi. Ci sono sguardi spenti in giro, amore. Ci sono poche emozioni o forse la gente ne sa trasmettere poche. Ci sono vite banali, rituali, normali. Non voglio nulla di tutto ciò. Voglio emozionarmi quando andrò a prendere mia figlia a scuola. E quando aprirà un mio regalo. Voglio ricordarmi quel giorno. E voglio che lei se lo ricordi come un giorno speciale. Voglio emozionarmi ogni volta che ti vedo. Voglio che la gente in giro veda e sappia cosa siamo e proviamo.
.. e solo per ricordarci questo giorno, ho puntato i nostri numeri.