30 dicembre 2008

1.30

Ho voglia di un lungo abbraccio capace di togliermi il fiato. Ho voglia di sentirmi protetta e di non pensare a nulla anche solo per due minuti. Ho voglia di annullare il mio battito e ogni rumore esterno. Ho voglia di silenzio e di odore di vento attorno che ulula e sposta foglie secche. Ho voglia di freddo sulle mani da infilare nelle tasche del cappotto. Ho voglia di piedi che battono la terra per non addormentarsi. Ho voglia di capire perché attorno nulla si muove e io sono in una continua centrifuga emotiva. Ho voglia di sbattere tutto per terra perché si rompa. Almeno così ha un senso. Ho voglia di scrivere. E di scrivere di getto di ogni cosa che mi è capitata in queste settimane, dalla solitudine forzata alle non scelte, dal libro regalato sul comodino che ha così senso per me fino a un capodanno che non so ancora dove andrò ma so già che sarà senza di te. Ho passato due ore stanotte a guardare il soffitto buio e a chiedermi il senso di ogni parola letta e scritta via sms. E di ogni frase detta al telefono. Ogni cosa mi faceva mal di stomaco. Un dolore insopportabile e acido. Ho pensato a scomparire come ho sempre fatto nella mia vita. Ho pensato che, però, avrei fortemente voluto che mi cercassi. Ancora una volta ho scelto io. Ho fatto e disfatto tutto. Sono le donne che scelgono sempre. Me ne sono accorta. Scelgono anche in silenzio. Gli uomini seguono il corso delle cose e la corrente. In pochi, di fronte a una frattura, mi hanno tirato per i capelli per dirmi: cosa dici, dove vai? Pochi mi hanno fermato, anche quando sbagliavo. Io odio provocare nella vita. E sono stupidamente diretta e sincera, nei buoni e nei cattivi pensieri. Ma il primo passo l'ho sempre fatto io, giusto o sbagliato non importa. E me ne sono presa ogni conseguenza. Ci sono passi affrettati, passi nella direzione sbagliata, passi riparatori. Purtroppo solo qualche volta sono stata seguita. E ora ho voglia di stare ferma. Sì, ora ho voglia che qualcuno trovi me e sono qui. Talmente trasparente da non aver paura di urlare in faccia cosa voglio. Non è necessario, basta che guardi i miei occhi. Ti parlano da un anno e mezzo. Ti ascoltano da un anno e mezzo, e ti aspettano da un anno e mezzo.

29 dicembre 2008

Orecchie chiuse

Ho rabbia dentro ora. E non so perché. O forse sì. Perché non cambia nulla, perché le persone non ascoltano, non sentono. Perché ragiono egoisticamente come se i miei desideri una volta tanto dovessero precedere quelli degli altri. Ascolto. Ti ascolto. E lo so che tu ascolti me. E' che grido sempre la stessa cosa. E ora, sì ora che l'ho assaporata, odorata e l'ho fatta mia con tutto il dolore e la tristezza che ha dentro, mi sono accorta che è come sempre. Tutto scorre. Ci sono persone a cui la vita scivola addosso. Ci sono ballerini fermi in mezzo alla pista, fermi a guardare che tutto si muova intorno a ritmo più o meno cadenzato ma normale perché il troppo piano o il troppo veloce disturba. Ci sono muri di gomma che rimbalzano parole ed emozioni che tornano al mittente senza diritto di resa. E chi ha più voglia di rimandarle poi? Ma c'è anche chi continua le lotte contro i mulini a vento. Mio nonno è convinto che grazie a un paio di iniezioni tornerà a camminare. La realtà è che la sua colonna vertebrale è a pezzi per una caduta di quindici anni fa. E' paralizzato; ma se avesse fatto fisioterapia, se avesse seguito i ricoveri, fatto gli esercizi, ascoltato i medici ora non staremmo con un catalogo in mano a cercare un girello o peggio due ruote. E non importa se glielo abbiamo detto mille volte. Mia nonna l'ha assecondato perché era meglio così, non turbava il suo equilibrio. Non gli imponeva di fare una cosa che per lui era scomoda: pensare alla sua salute e affaticarsi per stare bene. Sono stati fermi e ora è tardi per fare tutto quello che non si è fatto prima. Le vite a volte sono come biglie che scendono lentamente da un piano inclinato. Impossibile risalire quando si è data la prima spinta dall'alto al basso. Devi solo sperare in un atterraggio morbido. E io non voglio restare immobile. Non voglio farmi scivolare nulla addosso. E non permetterò che tu lo faccia. Ci sono momenti in cui, quando davanti hai una persona pronta a tapparti le orecchie per non sentire, devi trovare la forza di togliere quelle mani e di chiedere sinceirità e rispetto. E di ripeter cento volte quello che non è chiaro. Perché domani è già tardi. E ho deciso che vale la pena di recuperare presto e con grande sincerità ciò che non vuoi perdere. O perlomeno ciò che vuoi che abbia rispetto di te. In qualsiasi modo vada poi a finire. Se tornassi indietro porterei a forza mio nonno dal fisioterpista. Vederlo così è di una tristezza infinita.

23 dicembre 2008

Ha senso per me

Il cuore mi esplode. E vorrei dire mille cose. Le ho tutte dentro disordinate che chiedono priorità. Oggi mi si è ribloccata la gola, sintomo che devo parlare. Ho voglia di urlare al mondo i mille e diversi sentimenti che mi avviluppano il corpo. Sono un trito di emozioni. E chiedo calma. Ora chiedo calma di pensiero e di azione. Chiedo passi lenti e ragionati. Chiedo un passo alla volta. Verso quella direzione però. La nostra direzione. Ho la colpa addosso di non esserci stata quando avevi bisogno di me. Ho la colpa addosso di non aver capito cosa dovevo fare: tornarmene a casa. Ho l'amarezza di aver mostrato una me stessa che poteva e può non essere piaciuta. Ho il timore di essermi buttata via, per una sera. Dura non rispondere alle aspettative altrui. Peggio deludere le proprie. E ho cercato aria per respirare. E mi è mancata l'aria per respirare. Ieri ti avrei difeso contro tutti. Ti guardavo mentre provavi le scarpe e muovevi la bocca come un bimbo. Ti ho visto così limpido e bisognoso di coccole che avrei pianto una sera intera per l'emozione. Ho capito immediatamente quanto ora è necessaria la mia forza, quella che a volte viene meno perchè anch'io non sono perfetta. E ce la metto tutta. Ce la metterò tutta. Sono qui. Per te.

16 dicembre 2008

Ossa rotte

Un'ora e mezza dal fisioterapista e non sono perfettamente apposto ma almeno sto meglio. Trent'anni e sono peggio di mia nonna. Ma lei almeno un motivo ce l'ha per non alzarsi di scatto dalla sedia e non fare cento metri a passo spedito. E io? Ieri chiedevo insistentemente: è colpa della scogliosi vero? No. Mi devo operare al crociato? Lo so, ho fatto male a non farlo subito questo intervento ma non avevo tempo.. Invece no. L'anca? (Purtroppo mi hanno - i dottori - sempre messo in testa l'idea che avevo un'anca più alta..) No, sei perfettamente in linea se ti stendo la muscolatura. E allora? La diagnosi alla fine è sempre quella: stress. Ma ieri l'ha chiamata: tensione. Ormai è la mia malattia perenne. Pensi troppo. Alzati di più dalla sedia. Cammina in pausa pranzo un'ora per scaricarti. Se sapesse che ho iniziato a muovere velocemente le gambe come te e che mangio un pacchetto di chewingum al giorno per scaricare la mandibola. Mi dico da sola che mi aiuta a scrivere ma a chi voglio darla a bere. Sono quella che si sveglia la mattina con la mandibola indolenzita per il forte e costante lavorio notturno dei miei denti. E già alle sette mi programmo la giornata. Ora mi sveglio anche di notte per farlo. La mia è sempre stata incapacità di gestire le tensioni che accumulo sempre lì: sterno, collo. Cuore, voce per capirci. E implodo. Dovrei urlare al mondo mille cose. Ma implodo. E contraggo i muscoli, stringo le vertebre, chiudo le spalle. Ora chiudo anche la gola al punto da farmi mancare il respiro. Maledizione! E' ansia che torna e che devo nuovamente combattere. Spegnendo il cervello.

12 dicembre 2008

Acqua e sapone

Risate. Di gusto. Per due gote rosse e due ferretti del reggiseno sbucati da chissà dove. Gli occhi si spalancano quasi a dire: nemmeno me ne sono accorta di averli persi. E invece erano lì, conficcati, a ostruire il tubo. L'acqua non sgorgava e faceva sacco. Due giorni senza lavatrice a lavare per terra e trovare un secchio dove stendere accappatoio e lenzuola zuppe. Profumo di ammorbidente e bolle di sapone che riempiono l'aria con venti euro in meno - ora - in tasca (e fortuna sono solo venti) per il signor tecnico amico di chissoio.
Rido di me e della mia incapacità di essere donna massaia. E pensare che la mia prima lavatrice risale a meno di un anno fa. Ed è stata una conquista. Pensare che mi hai giustamente deriso e ora non potrei fare a meno anche di questa indipendenza: di lavare per terra acqua che non sono stata in grado di gestire. Tornerò a casa stasera curiosa di capire quale malcapitato reggiseno è rimasto senza sostegno morale.