31 agosto 2009

Stile italiano


E ora ammetti: non ti era mai capitato di essere fermato per strada da una sconosciuta in grado di fare complimenti alla tua donna, a te e alla coppia per quel mix di eleganza, stile e - come ha detto? - puro made in Italy. Forse vivo davvero in un film e forse sto davvero esasperando le emozioni. Ma dio! si vive una volta sola, e ho solo questa vita per ridere, piangere, disperarmi, inciampare, cadere, essere felice, amarti, sostare sotto un portico per ripararmi dalla pioggia, portare un cappello ed essere felice di un complimento preso per strada. Prenditi cura di me, amore. Abbi cura di me. Ho così bisogno di viverti accanto. E noi siamo meglio dei miei maledetti film.

27 agosto 2009

Toilette(s)

E nessuno capirà mai cosa possa esserci sotto. Dietro una faccia aggraziata e una collana di perle bianche. E dietro una cravatta bourdeau che esalta due immensi occhi azzurri.
Sotto c'è fuoco che arde e non si placa. C'è la passione che non si ferma. C'è il cuore che palpita e la voglia che cresce. C'è il bisogno di unirsi, almeno nei pensieri, in qualcosa di nostro: un privato, paradisiaco e incoscente universo di sensi elevati all'ennesima potenza dal sentirsi fatti l'uno per l'altra. Creati ad hoc per stare insieme. Riusciti perfettamente nelle similitudini. Talmente in contatto da essere in simbiosi. Così in linea da sentirsi anche lontani chilometri. Sempre di corpo mai con l'anima.

25 agosto 2009

Chat

- Quando viene su tua madre?
Lui alzò lo sguardo in attesa di risposte, mosse buffamente la bocca, passò la lingua sopra le labbra e iniziò a digitare sulla tastiera
- Credo dal 29 al 5 settembre
Lei lo guardò. Aveva addosso quella maglia grigia che tanto adorava, e non perché fosse particolare ma perché il colore esaltava l'occhio azzurro, stringeva nei punti giusti e gli calzava una meraviglia. Che uomo che ho, ripeteva tra sé e sè.
Poi lesse le date e ancora prima di digitare una risposta, lui avanzò:
- Perché? La vuoi conoscere?
- Pensavo... non so, che dici?
- Potrebbe essere l'occasione
Pausa
- E' dolcissima, è me all'ennesima potenza
Lui si lasciò scappare quello che lei già sapeva, ma questo la invogliò ancora di più a quell'incontro. Lei pensava a un caffè, neanche tanto programmato. Meglio lì che in casa. E sarebbero state così vicine da non perdere come occasione...
- Ok, facciamo che sondo.. provo a capire e ti dico - la interruppe nei pensieri
Lei sobbalzò: vorrei fosse tutto più semplice
- Va bene - rispose già individuando il vestito da mettere a prova di mamma
Lo guardò, lui continuava a fare il musetto al di là dello schermo..
- Alla peggio la prossima volta che torno a casa vieni con me
E lei stette zitta. Certo che verrò, le venne spontaneo dire. Non vedo l'ora.

Strane richieste

Entrò dal parrucchiere e chiese: Ti prego, aiutami a togliere questo riflesso rosso dalla testa.
E lui: ma sei tutta rossa... Appunto, togli tutto. (a domani con il verdetto.. sarò tornata castano chiaro tendente al biondo scuro, tipo cenere??)

24 agosto 2009

Saggezza popolare

«Pò da veci se acorzemo / che la feliçità spetada / no gera altro che viver, / cussì, ogni zorno un toc...». (Romano Pascutto)

21 agosto 2009

Refrain

E mi è tornata la voglia di scrivere...

Meno uno

Ho pensato che l'unica persona che non mi tradirà mai sono io stessa. Ed è proprio a questa persona a cui devo più rispetto e amore. Mi sono lasciata andare ai turbini della pazzia emotiva. Mi sono dimenticata di me e ho perso di vista sani punti di riferimento come la salute. Ho somatizzato nervoso, ho preso te e la nostra storia come esclusiva dei miei pensieri e argomento capace di catalizzare ogni minuto della mia giornata. Così mi sono ridotta a 47 chili bagnata, con le ossa che si intravvedono dalla camicia, il viso tirato con i muscoli del collo in tensione. Il mio stomaco non sopporta neanche un bicchiere di vino ed era una delle poche perversioni a cui mi ero lasciata andare. Forse è colpa mia, di non essermi saputa controllare, tenere a freno, capire quando era il momento di dire basta e tornare razionale. Ma se così avessi fatto la mia razionalità avrebbe imposto scelte diverse e non saremo qui. Quindi non sono pentita di nulla. Ora so che il percorso che abbiamo fatto ci ha portato all'ultimo tassello da sistemare. E serve nuova forza per farlo, quella che non ho ora però. Quindi devo far andare via un po' di nebbia, allargare lo stomaco, distogliere la mente dal pensiero di dove sei e con chi. E focalizzarmi su di me. Io sono ora una donna che non mi piace. Ho relegato la mia vita a un divano sola di sera. Ho impegnato il tempo a pulire casa (incredibile quanto la testa talmente impegnata da te non aveva spazio per leggere e sfogarsi in mondi altrui). Il mio amore è così pesante da impedirmi svago. E nell'unica sera che sono uscita, sono rimasta legata al cellulare, incazzata per una tua non telefonata, incapace di fare una chiacchiera spontanea che non avesse in testa la montagna e voi. Oggi mi sono riguardata allo specchio e c'è molto da cambiare. Io da domani, parto con un piede nuovo e spero più diretto egoisticamente alla mia salute fisica e mentale. L'amore che provo per te è immenso, ma in tua assenza è devastante. Quindi esige calmieramenti.. Esige calma ed esige che tu ti muova. Ho sempre seguito i tuoi tempi, ora prenditi cura anche dei miei. Te lo chiedo per favore.

20 agosto 2009

Desideri lontani

La zingarata è una partenza senza meta né scopo, che può durare un giorno, una settimana o un mese.
Le zingarate si dividono in due categorie: la zingarata vera e propria e la zingarata maggiorata, detta battuta, dove servono particolari attrezzature (come travestimenti, un veicolo appropriato, etc), introdotta proprio nell'atto II e non citata in Amici miei.

Io e me

Voglio una vita normale. E sto iniziando a detestare questo tuo modo di fare, di scegliere senza interpellarmi, di dirmelo all'ultimo, di non cambiare idea nemmeno se ti dico che sto male. Sto pensando, dopo una notte insonne, che alla fine te hai sempre fatto quello che volevi fare. Hai seguito i tuoi tempi e li stai seguendo anche ora. E io sono qui come una stupida ad aspettare un sms. Ti stai rendendo conto che questi giorni ci stanno avvelenando il cuore? Sono nera.

Alcol (o alcool) - vanno bene entrambi

Un tempo, dice un amico guardando dal suo balcone, verso le undici di sera, la famosa piazza romana sottostante, non dicevamo movida, dicevamo deboscia: ricordi?. Sì, ricordo: il termine deboscia - francesismo da "debauche" - era molto usato nelle conversazioni delle famiglie borghesi, a significare esattamente quello che il mio amico ed io stiamo osservando adesso nella famosa piazza romana. Giovani vestiti come i forzati della Caienna nel film Papillon (stracci intrisi di sudore, monili in forma di bracciale o catena che ricordano i "ferri" dei bagni penali), e molti altri addirittura a petto nudo. Quasi tutti, uomini e donne, con una mezza bottiglia di birra in mano, mentre altri bevono a turno e festanti da una bottiglia più grande, whisky o brandy o vodka. Una parte dei giovani sono già ubriachi, e tra un paio d' ore alcuni di loro saranno probabilmente, come abbiamo letto nelle cronache di questi giorni, sulla soglia del coma etilico. Deboscia, appunto, che i vocabolari descrivono come "depravazione dei costumi". Oppure un tale vuoto, una tale demenza, una tale disperazione, cui altro non può seguire se non la spinta al degrado e all' ottundimento. Fa ridere pensare che solo adesso, e solo in poche città d' Italia, la vendita delle bevande alcoliche ai minori sia stata proibita. Ormai la misura servirà infatti a poco. Terrà forse lontane dallo stomachevole spettacolo che si svolge ogni sera nella famosa piazza romana, le piccole pattuglie di ragazzi sotto i sedici anni. Ma per il resto, tutto rimarrà tale e quale: l' ubriachezza di massa, gli schiamazzi notturni, l' abbrutimento. Altro che movida: la vivacità, l' onda delle speranze, la caduta dei tabù sessuali che animarono le strade di Madrid immediatamente dopo la morte di Francisco Franco. L' alcol? No, il problema non sta nell' alcol. Chi ne conosca bene l' uso, e quindi l' usi accortamente, sa bene che l' alcol non degrada. Anzi, come diceva William Faulkner («civilization begins with distillation»), l' alcol civilizza. Insegna infatti a contenersi,a diffidare delle euforie improvvise, e soprattutto a disprezzare gli ubriachi. Nelle giuste dosi, aguzza l' intelligenza, immette un po' di calore e d' allegria nelle conversazioni, e bevuto dopo il tramonto aiuta a togliersi di dosso il peso della giornata. Senza dire che è una manna nella conduzione d' un "flirt". D' altronde, non fosse così, come spiegarsi che per secoli hanno bevuto alcolici le aristocrazie, i pensatori, i grandi artisti, i Marescialli di Francia, Camillo Benso di Cavour, gli Junker prussiani e generazioni di Cardinali? Si potrà obbiettare che nel Settecento inglese di Fielding e Defoe, di Hoghart e Boswell, e nella Francia della seconda metà dell' Ottocento descritta da Emile Zola, l' alcol è esattamente deboscia. Basta pensare alla Gin lane di Hoghart, o all' Assommoir di Zola. Ma insieme ai dannati che si distruggevano con l' assenzio o col gin («the gin steals your life away», tuonavano nelle chiese di Londra i pastori anglicani), c' erano poi gli assennati che, avendo imparato sin da giovanissimi a controllarsi, non bevevano smodatamente.E officiando con l' alcol una loro liturgia sociale che spesso serviva a vincere la timidezza («drinking is romantic, even chic», diceva Lilian Hellman), ne ricavavano i benefici sopra accennati. Forse che c' erano in Europa altri luoghi, negli anni tra i Dieci e i Sessanta del secolo scorso, più tranquilli e costumati di un buon bar? Bei legni, luci basse ("How dark, how pleasing"), il tenue brusio delle conversazioni ritmato dal tintinnare del ghiaccio nei bicchieri, un pianista che suonava senza strepiti Gershwin, Berlin, Noble e Porter. Nessuno beveva, come vediamo adesso, senza bicchiere, tenendo la bottiglia di birra in mano. Nessuno avrebbe osato alzare la voce. Non c' erano esibizioni Gay & Lesbian, non frastuoni di pop e rock. E quindi, quale piacere nel sistemare la scarpa sinistra sulla sbarra poggiapiedi d' un buon bar, accendere una sigaretta, puntellare il gomito destro sul banco, e attendere trepidi che il barman mescolasse il nostro Martini. E quanta compassione, per gli astemi. Si restava sinceramente addolorati pensando che non avevano mai bevuto un Martini al St. Regis o al Carlyle di New York, al Savoy di Londra o all' Harry' s di Venezia. Che non avevano provato l' ouzo di Mykonos, il malt di Bushmilla Dublino o a Galway, il pastis a Capo Corso, il moquito a Cuba, la caipirinha a Copacabana, il Kyr royal al banco della Closerie de lilas a Montparnasse, il Colonnello al bar del Posta di Cortina, l' Aqvavit al bar dell' Opera a Stoccolma, la Manzanilla Carta Blanca da Chicote a Madrid. Come avevano, gli astemi, senza mai avvicinare un bicchiere di alcol alle labbra, alleviato la solitudine, rimestati i ricordi, istruiti quei veloci, indulgenti e consolanti autoprocessi da cui usciamo sempre assolti, assaporato la canzone di Cole Porter che dice "The fountain of youth / is a mixture of gin and vermouth"? Che cosa avevano fatto una sera di pioggia a Torino, una sera di plenilunio a Lisbona, nell' afa e nella noia profonda di Hong Kong: bevuto acqua minerale e aranciata? No, i buoni bar erano luoghi civilissimi. C' è forse un' esagerazione in quel che sostiene la scrittrice Fran Lebovitz, uno dei lari del mito newyorkese: «È nei bar, nelle conversazioni al bar, che s' è svolta negli ultimi sei o sette decenni la storia delle idee». Ma c' è anche qualcosa di vero. E adesso che nei pochi, superstiti bar decenti non si fuma più, sicché frequentarli significherebbe sottoporsi alla tortura di bere un alcol senza fumare, non resta - la sera - che versarsi una dose di gin in un recipiente colmo di ghiaccio, aggiungervi un filo sottilissimo di Martini Dry, mischiare, e prima ancora di passare il tutto nel bicchiere adatto, accendere una sigaretta.

(Repubblica, 18 agosto - Sandro Viola)

17 agosto 2009

Dejà-vu

Alla fine ho pensato: cosa saranno mai sette giorni a fronte di un'intera vita? Bhè, gli ignoti lettori di questo blog a cui è ignota anche la scrivente (lei) sanno ormai da mesi che tra nevrosi, picchi e cadute libere, di giorni in tua assenza ne ha già sopportati un po'. Quindi ora non c'è più nulla da dire (o da scrivere) se non ammettere io stessa (lei) che sono un tesoro. Che la mia pazienza è immane. Che la sofferenza fa parte di me ormai. Che i normali concetti - gelosia, condivisione, esclusività del rapporto... - hanno un'altra accezione per me. Io non posso essere gelosa come una donna normale. Io non posso pretendere l'esclusività come le altre. Io, l'hai detto bene te in macchina ieri, dovrò sempre confrontarmi con lei (l'altra). E ti giuro che a volte il nervoso sale talmente alto da bloccarmi la gola. Perché vorrei urlare. U-R-L-A-R-E: Maledizione!

Italo Calvino

Lei crede che ogni storia debba avere un principio e una fine?

10 agosto 2009

Garcia Marquez

Amare è soffrire… solo quando soffrirai amerai.

Ma quanto rompo

Sei ancora lontano da me. Ho i nervi tirati e la ragione non è più in grado di dare spiegazioni al cuore. La normalità, la nostra storia, non l'ha mai conosciuta. E ci vuole tanta pazienza, quella che spesso non trovo più. E mi sto continuamente chiedendo: sono egoista io, sono malata o incapace di capire, o ho un minimo di ragione e forse qualche volta anche i miei bisogni dovrebbero avere un senso? quando non ci sei è tutto offuscato dal nervoso che corrode il mio stomaco. Sono un cumulo di ossa alla ricerca di un po' di serenità.. ma continua.

6 agosto 2009

Andalusia (con rettifica)

Ti rendi conto di come siamo migliorati? Inpensabile, anche solo immaginare, come dopo due anni due persone possano avere una sintonia così naturale e spontanea. Come possano essere quelle che pochi giorni fa alla radio definivano "anime gemelle" e non per una comunione di intenti e interessi ma per una comunione di amorosi sensi ovvero di gusto, olfatto, tatto, vista e odori. Ho ancora in bocca il sapore acido del limone di quella tequila nella calle del mato a Siviglia. Ma ricordo il Vichi in partenza in aereo, gli sgranocchi al cioccolato al ritorno e l'acqua incantata (e senza meduse) della Barrosa. Vedo Ronda attraversata di fretta in auto percorrendo la stessa via tre volte e sento nello stomaco il caldo della lasagna preparata alle tre del pomeriggio con cura da un'olandese e un barista spagnolo incapaci di credere in quella scelta insana e invernale. Sento scendere di gusto le lacrime sortite da grosse risa inarrestabili legate al tuo modo di vedere il mondo a metà tra Fantozzi e Amici Miei. Conservo tra i denti il salato dei gambas alla plancha di Cadice, vedo quel locale orrido che ci ha consegnato la più bella foto di Pulci in vacanza. Seconda solo a quella col vestito rosso, che aveva perso i tacchi, davanti a una paella ingurgitata di gusto dopo l'apnea malata del mio respiro affannoso. L'unico locale aperto, accanto alla donna più pelosa del mondo, dopo il doppio bidone del Renconcillo e dell'Anselma dove sarei stata pronta a ballare il flamenco. Chissà, forse anche tu. Mi ricordo le lacrime sul divano dell'hotel a Cordoba, il vento caldo delle tre a cinquanta gradi e quella coca cola ghiacciata nel bar che aveva pronte sul tavolo mille tazzine del caffè. Ho capito che sono i piccoli dettagli a rendere unici i viaggi. Quelli condivisi e di cui si è saputo far tesoro prima negli occhi e poi nel cuore. Rivedo i momenti emozione, la ricerca del bluetooth per inviarti la foto di pupazzo, e mi vedo posteggiata in quell'aia abbandonata con l'uomo sotto l'albero e il cane nell'attesa che Luca risponda al telefono per dire l'inevitabile. La tecnologia quel giorno ci ha abbandonato e forse solo il caso sa perché. E sa anche perché ci ha mandato Guido quella sera in quel posto incantato di cui non ricordo nulla perchè avevo la testa altrove: un'Alhambra, prenotata a fatica, e vista con l'ansia che leggevo nel tuo cuore. Ma oggi per strada vedo solo Panda. Cerco nei listini quel ghiacciolo enorme (il bracciale s'è rotto ma lo conservo così come tutte le nostre multe Ryanair). E ci vedo in mezzo alla nebbia (e ad altri gentili ospiti disinibiti) o sopra il terrazzo con quell'aroma di sherry buttato giù di fretta a tracollo per quella "donna letterata e colta" che ha turbato la serata. Ti sento a fianco nel letto e mentre mi dici "mangia". Ti vedo mentre scelgo come vestirmi e mentre spingo a mattone l'acceleratore. Mentre istighi il GPS, lo censuri, lo chiudi nel cassettone. Mentre corriamo per vedere la Plaza de toros e mentre salutiamo l'ultima cattedrale a otto euro pensando: dentro sono tutte uguali.
Hai ragione te: non ci serviva questa vacanza per capire tutto di noi. Ma sette giorni insieme uno a fianco all'altra e di continuo non li avevamo mai avuti ed è stato il regalo più bello che ci è capitato in due anni. Questo è solo l'inizio. Ci vedo ora così diversi e complici che non trovo nel cuore e nella mente altre ragioni per non migliorare. Vedo la strada davanti e ti sento così sicuro di noi da non fermarti in nulla. Ora dalle tue parole, telefonate ed espressioni sento che hai scelto. E hai scelto noi per mille motivi anche esterni, come tua madre e quel meglio che dici si possa meritare. Con calma, porteremo a casa tutto. Lo so. Tenendoci in Italia il tesoro più grande.