5 agosto 2020

Uomini e topi

A te che riemergi dal passato remoto come un Ufo indistinguibile nel cielo. Un lampo improvviso dalle forme incomprensibili, almeno di primo acchito. 
A te che non ti sento-vedo dalla prima media e di cui ricordo i tratti somatici da giovanetto imberbe e il mio batticuore quando ti incrociavo. 
Ti ho letteralmente inseguito e rincorso come primo piccolo grande amore adolescenziale e non mi hai badato che un sottil attimo. Ti guardavo le spalle in quei minuscoli banchi di scuola mentre ti riprendevano a suoni di note sul registro e te canzonavi gli insegnanti. 
Io, prima della classe. Te, bocciato al primo anno.
Ora ti ripresenti dal passato per chiedermi come sto. E io non capisco. 
Poi quella domanda così chiara, immediata, maschile: sei sposata? E il finale senza effetto: e stai bene? 
Sei sparito in un batter di ciglia appena le dita delle mie mani sulla tastiera hanno troncato ogni possibile altra riga di testo con un semplice e spontaneo, perché vero: "benissimo". 
E ora so per certo che non ti risentirò per i prossimi 30 anni perché hai voluto soltanto gettare un'esca e ribadirmi in soli 3 minuti quanto talvolta gli uomini siano fin troppo semplici e stupidi. 
Hai fatto il paio, come si direbbe dalle mie parti, con chi ha inondato per mesi il mio cellulare di chiamate chilometriche per lamentarsi, indugiare, coprire i tempi vuoti e, talvolta, anche insegnare. Quel cellulare non suona da un mese. Quei fiumi di parole si sono asciugati in un giorno qualsiasi, senza un senso né un apparente significato. Forse per dolo o colpa. Non ci è dato sapere. 
Ho chiesto, inseguito e cercato solo per capire. Ma te sei fuggito come un ladro di soppiatto, sparito dai radar senza alcun motto. E ora c'è un silenzio sospeso che neanche la millantata professionalità infrange. 

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