24 maggio 2021

zac.

E mi sono tagliata i capelli. Abbastanza da cambiare senza snaturarmi. 

L'ho deciso guardando l'ultima foto che mi è stata scattata, per ragioni di lavoro, da una professionista. La stessa che quasi un anno fa aveva colto di me tutto, anche il più profondo sentimento mal celato dall'espressione di un viso che guardava lontano seppure corrugato al telefono. 

Nella seconda immagine di pochi giorni fa ho rivisto una me stessa diversa. E non mi sono riconosciuta. Ho iniziato a odiare il mio collo. Poi mi sono chiesta quali luci la fotografa avesse attivato per modificare il colore dei  capelli che sembravano quasi biondi e io, invece, mi vedo scura. Poi ho visto la malinconia negli occhi, forse era anche tristezza. E mi sono vista vecchia. Anzi, invecchiata che è diverso. 

Sono in un nuovo frullatore emotivo. Non l'ho cercato io. Me l'hanno imposto.

Potevo far sì che non andasse così dentro le viscere, che non affondasse troppo ma l'ho permesso e il perché è da ricercarsi in un disperato bisogno di aiuto o un appiglio. In questo miscuglio di emozioni che dirompono impetuosamente in lacrime, oramai anche davanti al video, mi sto sforzando di essere autentica e di non farmi di nuovo del male. Svelarsi e contemporaneamente guardarsi bene dentro, comporta opportunità e rischi. Rischi anche di instabilità che rifuggo per sopravvivenza e perché mi costa fatica fisica oltre che mentale. Nell'ultimo mese, me ne sono accorta ieri, ho perso 2 preziosi chili.

Perché dunque io oggi sia di nuovo arrivata a questo punto è la combinazione non casuale di una serie di eventi che ho scelto di non fermare ma di vivere alla mia maniera. Di nuovo, ancora, per l'ennesima volta, fino in fondo.

Non so domani cosa porterà tutto questo. 

Nella prima foto ero vestita di fucsia e volevo gridare al mondo che non ero invisibile. Cercavo attenzione. E mi sono puntata un faro addosso da sola. Era pura estetica: un maquillage tranquillizzante e di sicurezza.

Nella seconda foto ero mesta, chiusa, infelice. Insignificante e spaesata. Vestita di nero, comune, senza un senso. Non gridavo nulla, neanche in silenzio a bocca chiusa. Per quello ho dovuto darmi una scossa.

Iniziamo, dunque, dai capelli. Chissà che sia solo l'inizio di una nuova metamorfosi, non per cambiare ma per essere davvero me stessa. Magari, felice. 


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