15 aprile 2009

D'impeto

Ho voglia di scrivere. E non mi capitava da un po'. Ho voglia di scrivere tanto. Incredibile quanto il mio animo si possa svuotare in pochi giorni. Nel giro di appena due settimane. E' come una goccia continua che scava sempre nello stesso punto e corrode. Lentamente corrode. Stamattina ho ritoccato il fondo e me ne sono accorta quando sono andata via di testa perché tua madre era stata bene in casa con te, durante le feste. Era stata bene. Che male c'è nello star bene in una situazione perfetta? In famiglia? Lì ho scoperto che la mia ragione non trovava più spazio. Che il rancore che covavo dentro che la rabbia e la frustazione avevano preso il sopravvento. I sintomi c'erano tutti: non mi guardavo allo specchio per non vedere gli occhi spenti e le ossa del collo, piangevo sempre, preferivo stare sola. Pasqua l'ho passata chiusa in casa come un'eremita. Poi il mio corpo: è sempre lui che parla. Ho il collo e la schiena bloccati da quattro giorni. E mai come in questa settimana mi sono sentita sola. Sola sul lavoro quanto tutti brindavano di là e io no. Sola sul campo a combattere le mie battaglie etiche. Sì etiche, perché tenere la schiena dritta in quest'ufficio è una missione ardua e quasi impossibile (sarà per questo che ho proprio male alla schiena). Sola anche come persona con te che stavi altrove proprio nei momenti in cui avrei voluto condividere una famiglia con te. E mi sono sentita cattiva a sperare in un diluvio. Mi sono sentita cattiva a sperare che nessuno dormisse perché tutto fosse chiaro. Non sono forte come credevo. Sono crollata di fronte all'ovvio: un lavoro che non sarà il mio futuro, e il non averti ora. Eppure stamani mi è scattata la molla ed è bastata una mail a darmi fiducia. A dirmi che, nonostante tutto, non mi sono mai piegata e ho fatto bene. Non ho mollato e ho tenuto duro convinta della mia posizione. E fuori, gli altri, quelli che hanno testa mi hanno dato ragione. Quindi ringrazio loro di avermi dato una piccola spinta e di essere qui oggi con un accenno di sorriso. Ringrazio te per esistere e perché stasera ti vedo. Perché sono persa senza il mio unico riferimento. E chissenefrega delle donne-uomo, di quelle che bastano a se stesse e hanno bisogno solo di un vestito nuovo e una lampada. Io per essere felice - oggi ne ho avuto la prova - ho bisogno di te, di sapere che sei mio e che ti vedo; e di sapere che il mio lavoro, a cui dedico anima e cuore senza mai guardare l'orologio, ha un senso. E che questo senso coincide con il mio sentire. Ti amo.

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