27 novembre 2008

Flash back

Mi soffermo sui particolari. Perché li adoro. E rendono speciale un testo scritto. Perché le pause cadono giuste su quelle parole e tu inizi a pensare. Pensi a quella marmellata di frutti di bosco che gusto ogni giorno. E vorrei condividere con te. La mia colazione vive del nero delle more e del viola dei mirtilli. Perché si mangia prima con gli occhi. Vive del sapore in bocca dei piccoli semini dei lamponi. E del gusto succoso delle fragole. Perché il gusto deve essere sempre un po’ ruvido, all’inizio. Pane di segale, grezzo, color carta riciclata. E nero del caffè che continuo a chiamare così anche se è un deca senza zucchero. O un annacquato orzo liofilizzato. Chissà perché mi piace tanto. Questa la mia colazione padovana. Che ho importato da Milano. Vivo di gusti proustiani e di ricordi ogni volta che ripeto il rito mattutino, abituata a vivere in solitudine. E ogni mattina facevo il bagno. Non la doccia. Con calma e il mio bagnoschiuma viola. Acqua al bordo e molta schiuma. Ferma immobile a giocare come una bimba. Poi aprivo le finestre per essere abbagliata dal sole. Ogni mattina in terrazza bevevo il mio caffè, aspettando che qualcuno venisse da dietro ad abbracciarmi. Spostarmi i capelli e darmi un lieve bacio sul collo. Nessuno scialle bianco – che avrei scelto di lana, nella mia immaginazione – ma un accappatoio, anche questo bianco.

Lana. Sì perché per me è sempre inverno. Il cielo bianco. Anche se non vedo l’ora di vedere il tuo cielo, col tuo colore preferito. C’è freddo. Ma anche il tuo calore. Sedia a dondolo di legno. Grande. E camino acceso di legno di sandalo che odora nella stanza. Un grammofono vicino al pianoforte a coda e alla vecchia lettera 22 acquistata nel mercato domenicale di Prato della Valle dove ti porterò. Quanto l’ho cercata come la volevo io. E, forse, sei stanco di sentirmi ripetere sempre le stesse cose. Ma ora il cane è sul tappeto bianco e tra un po’ filerà fuori, come ogni notte. La musica è retrò, e la scelgo io come sempre. E stasera va di sassofono. Abbiamo sigari da varie parti del mondo che tiriamo fuori in occasioni speciali. Così, stasera, accendi un cubano di quelli sottili e apri una bottiglia di rosso che ci hanno regalato. Viviamo tra le nostre piccole ritualità. Reciprocamente. Consci dell’equilibrio creato uno sui bisogni dell’altro. L’arredamento, l’ho scelto io. Minimalista. Ma tu l’hai impreziosito di te. Per cui c’è il mio stile e la tua storia. Il minimalismo è freddo. Tu, invece, hai calore. C’è odore di cultura in casa. Di libri vecchi. Una volta divisi, i miei dai tuoi. Oggi tutti insieme. Li abbiamo ordinati per argomento e in ordine alfabetico la scorsa estate. Hanno le pieghe sugli angoli e le sottolineature e gli appunti. Molti sono stati letti insieme. Condivisi, anche quelli. Molti sono doppi. Stasera invece tocca alle chiacchiere. Le nostre, di sempre. Con i mille argomenti che tiro fuori io e i silenzi che adesso abbiamo imparato ad apprezzare. Strano tornare a casa a volte e trovarti seduto da solo fuori dalla porta sulla veranda ad ascoltare il rumore del mare e i gabbiani sugli scogli. Con quel maglione grosso di lana che ti dico sempre su perché credo tu abbia freddo. Quello che una volta ti serviva ad appiattire i vestiti in valigia con quei pantaloni larghi verdi e quelle ciabatte che ho sempre odiato ma in cui stai comodo. Ti mangi ancora le pellicine delle unghie e lasci le tue cose sparse ovunque. E non hai ancora perso la mania di spostarmi gli oggetti. Ma ora mi rubi la macchina da scrivere e t’impiastricci i polpastrelli dell’inchiostro come ho sempre immaginato di fare io. Scrivi piccoli messaggi e me le nascondi per casa con i tuoi dolci pensieri. Perché leggere ancora adesso che mi consideri bellissima è uno dei regali più graditi delle mie giornate.

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