30 luglio 2019

Tanti auguri a me.


Proprio in questi giorni, un anno fa, rivoluzionai la mia vita prendendo una decisione importante. La scelta è arrivata dopo alcune notti insonni di pensieri e paure.
Quando le porte dell’ascensore si sono chiuse dietro di me alle dieci di sera, mi sono guardata allo specchio magra e stanca, con quelle due borse piene di ritagli di giornale e blocchi zeppi di appunti: tutto il mio lavoro, ciò che ero stata era lì davanti a me; e io ho pianto senza alcun freno.
Non me ne vergogno: le lacrime sono scese silenziose, lente e consapevoli.
Non fu uno sfogo, solo tristezza.
Un anno fa, a 40 anni appena compiuti, ho lasciato il mio posto di redattore in uno dei gruppi più importanti dell’editoria e sono saltata con un balzo dall’altra parte della scrivania.
Qualcuno ha capito. Altri no.
La mia mente, che ben aveva scrutato oltre il naso, mi diceva che era la scelta giusta. Il mio cuore aveva qualche remora e alcuni dubbi.
Il giornalismo è prima di tutto una passione. Difficile spegnerla.
Oggi non ho rimpianti per quella scelta perché, nonostante il cambio, mi sento ancora una giornalista. Lo sono nel fiuto. Nell’approccio alle cose. Nella visione.
Mi mancano molti aspetti del mio vecchio lavoro tra cui la creatività della parola che si stende sul foglio bianco al ritmo del picchiettar della tastiera. Incredibile a dirsi ma il mio pensiero si forma ancora battendo i tasti neri del pc: ed è questa cadenza a dettare la durata delle frasi.
Eppure non ho mai imparato così tanto come in quest’anno.
Assumere questo ruolo, quello di capo ufficio stampa, è stata prima di tutto una fatica fisica legata ai nuovi orari.
La mia giornata ora inizia operativamente alle 6.20, prima mi svegliavo presto solo per non mandare all’aria la mia vita personale. Mi sono riappropriata dei weekend (quasi tutti) ma ho livelli di stress diverso. Ho imparato cosa significhi lavorare in azienda. Il valore del team, il lavoro nascosto dove la tua firma non appare né risulta, perché il tuo contributo va “sacrificato” (ça va sans dire) per un bene più grande: quello dell’azienda.
Ho imparato (finalmente) che esiste il merito e che esso viene premiato.
Ho imparato. Punto.
Mi sono rimessa a studiare e oggi ho a disposizione almeno quattro volte il volume delle informazioni finanziarie che avevo lo scorso anno. Ma non solo: esse sono più profonde e analitiche di ogni sguardo giornalistico. Lavoro con persone che mi stanno dando tanto. E più mi “danno”… più gli sto a fianco. Le mie relazioni esterne hanno perimetri diversi e più ampi. Io sono di una maturità diversa. Non solo perché compio 41 anni, oggi. Ma perché, per fortuna, la vita mi ha dato l’occasione di cambiare.
 E io non ho avuto paura.

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