14 maggio 2009

Sfogo

Forse è vero che mi sono accantonata in soffitta. Forse è vero che sto vagando in una cantina buia senza luce alla ricerca di chissà cosa. Anzi sì, lo so: di un sogno e dell'amore più alto vero e profondo che possa esistere. Ieri mi sono ritrovata seduta sui gradini del palazzo fronte piazza come non facevo dai tempi dell'università. Voi fumavate, io ascoltavo e pensavo. Pensavo a te, conosciuta da appena una settimana, poche chiacchiere e molte risate per futili argomenti. Pensavo che però sei colei a cui non voglio assomigliare: 39 anni, quasi 40, alla ricerca di un uomo, presa in storie sbagliate, a cercare case da sola e a continuare a pensare, agire, muoversi in autonomia senza alcuna condivisione. Sarà la vita che ti ha portato lì. Sarà il caso. Ma talvolta sono anche le scelte. Poi c'eri tu e quel film francese che vorrei vedere perché, mi dite, ho bisogno di ottimismo. La mia testa sta macinando chilometri, pensa ai cento all'ora e tutto insieme. Fa e disfa alla velocità della luce, contrappone gli stati d'animo e li spezzetta in mille parti per poi ricostruirli. In questi giorni ho riletto tutte le pagine di questo blog. Dal primo che ti ho inviato del nostro incontro casuale e fatato in treno. Ho riletto e ho pensato che in due anni ho scritto solo io in questo spazio virtuale mettendo nero su bianco e alla mercé di tutti la nostra storia e le mie paturnie. Te hai scritto una sola volta. UNA SOLA VOLTA. E hai scritto: sarà per sempre. Mi sto interrogando se come sempre sono io che non so aspettare, non so capire, non so indagare, non so ascoltare quello che mi dici. Eppure per avere tutto questo moto d'animo - mi chiedo - ci dev'essere qualcosa che non torna. E credo sia nel nostro progetto. Ieri la mia ginecologa mi ha chiesto, quando le ho domandato sorridendo se ero incinta, ma hai il moroso? E io: sì. E lei, non me l'avevi mai detto. Le ho spiegato due cose, città lontane, che ti vedo solo per poche ore a settimana che facciamo lavori difficili e complicati. E lei: come fai a fare un figlio così? Già. E ha aggiunto: è impossibile costruire qualsiasi famiglia o futuro con questi presupposti. Già. Poi mia madre che incalzante mi chiede di conoscerti e dice: sono già due anni, poi andando in vacanza insieme, avrò diritto di capire con chi va via la mia bimba. Eccome no, mi sarebbe venuto da dirle. E mio padre alla fine, per le scale, che mi mette in mano un whisky e mi dice, so che lo bevi con lui. (cioè ha detto il tuo nome, ma qui in questo luogo sei "lui"). E ti ha pure abbreviato. Non so se ha un senso tutto quello che ho scritto. Ma ha senso sapere che ti vorrei parlare e non posso. Ti vorrei vedere e non posso. Ti vorrei amare e non posso. E oggi così parlando la segretaria che mi vede da due anni e ha visto le ossa del collo mi ha detto: attenta a non auto-distruggerti. E' sempre più dura. E non sono forte come vorrei.

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