Respirare.
Mai come adesso sento la pregnanza di questo verbo. Me la
sento addosso, tra le costole, in quel peso che ogni tanto mi si ferma sul
petto e preme come un masso, nella gola chiusa e stretta, nelle narici, lungo
le braccia che perdono forza, nella mia mente che mi sembra annebbiata e nelle
membra stanche.
L’altro giorno sono uscita a fare due passi. Non uscivo da
qualche giorno per pigrizia e pensieri. Mi considero una persona
allenata ma evidentemente il lavoro aerobico non funziona in situazioni eccezionali.
Di ritorno, dopo aver allungato il passo e cavalcato i gradini dei tre piani
verso casa, mi sono seduta in divano, ansimante, stanca, eterea, fuori da ogni
dimensione.
Avevo solo preso aria. Ero tornata semplicemente a respirare l’ambiente.
La sensazione di fresco. Il sapore dell’erba. Il vento addosso.
La mia mente si è avviluppata nei ricordi di tanti anni fa.
Il respiro come il battito del cuore non necessita della
nostra mente. Ma è incredibile come essa possa condizionarlo. Lo so con estrema
certezza da quel gennaio del 2006, quando ebbi il mio primo attacco di panico.
Inatteso, immediato, mi ha trovato debole e col cuore a pezzi e mi ha colpito
nel profondo. Ha colpito nella mia paura più remota e atavica: quella di
morire.
Ricordo di aver visto la strada girare. Le voci lontane. La
testa appannata, la vista non lucida. Il cuore batteva forte, la gola.. beh,
sembrava che qualcuno mi strangolasse. Incapace di fare anche solo un passo in
avanti. Senza fiato né respiro. Mi sono appoggiata al muro freddo. Ho pensato
per la prima volta nella mia vita: ho un infarto.
Solo chi l’ha vissuto può veramente capire, per gli altri
sembrerà strano, insolito, fuori dalla norma. Non è così. E’ terribilmente reale,
la prima volta. E forse anche la seconda.
Agli attacchi di panico, col tempo ci si abitua. Diventano
ansia e sai come conviverci. Li senti arrivare, li anticipi, li plachi perché
fermi la mente e la sconnetti dal corpo.
Il respiro è il primo sintomo. Perché l’ansia toglie l’aria.
Quel giorno mi ha reso diversa ma non sarei la donna di oggi
senza quegli episodi che mi porto dentro. E non avrei imparato a conoscermi
bene come oggi. Perché il mio corpo somatizza in un modo originale, da sempre.
Ogni segnale ha un perché, una spiegazione. Il nostro corpo ci parla e ho
imparato ad ascoltarlo.
E ora io mi
sento senza aria. Dovrei spalancare le finestre e respirare da fuori. Mi sono
chiusa nella protezione della casa che è in questo momento sicurezza, ma là
fuori c’è un mondo che non mi deve destabilizzare. Perché mi fa solo respirare
davvero.
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