2 febbraio 2009

Revolutionary road

Mi fanno male certi film. Mi fanno male certi libri. Vedere e leggere nero su bianco ciò che pensi e vivi, ciò che immagini e ti calza così perfettamente addosso è una miccia distruttiva. Che si accede e brucia. Brucia e brucia. Le parole riecheggiano e te inizi a recitare la sua parte. Il confine tra il film e la vita vera sfuma. Tutto sembra pellicola. Tu sei lei. Ma tu non vuoi finire come lei. (Ecco, l'ho detto).

Frank e April Wheeler sono una giovane coppia middle class che coltiva noia e anticonformismo in un sobborgo benestante (e benpensante) di New York. April partecipa con modesti risultati alle recite della filodrammatica locale e Frank indugia in un lavoro ordinario in attesa di “trovare la sua strada” e il suo essere straordinario. Belli e colti, intelligenti e sofisticati, i Wheeler sono ammirati dai più ovvi vicini di casa e da un'inopportuna agente immobiliare. Nel privato, invece, la coppia prova a resistere all'amore finito e ai silenzi infiniti, alle notti bianche e ai bicchieri pieni. Frank inizia una squallida liaison impiegatizia, April si inventa una vita a Parigi, dove vorrebbe trasferire la sua famiglia e la sua inquietudine. L'idea romantica della fuga riaccende la passione nel talamo e la fiducia nel futuro ma la “rivoluzione” cova sulla Revolutionary road. Ambientato a metà degli anni Cinquanta, nella provincia del Connecticut, immerso in colori, musiche, oggetti, toni e bigottismi dell'America più conservatrice e moralista, Revolutionary road è un (melo)dramma trasposto con ossessiva fedeltà dal romanzo omonimo di Richard Yates. Sam Mendes trasforma l'infiammabilità inesplosa e trattenuta di una giovane coppia di coniugi in un film che scoppia nel momento in cui sfiora la realtà. La Revolutionary road è percorsa da un'energia (in)controllata, che pulsa sotto la compostezza della messa in scena, suggerendo ciò che si deve assolutamente tacere. Dietro alla casetta a due piani, il giardino, l'automobile, due figli e un'agente immobiliare che racconta ai suoi clienti questa perfezione, c'è l'assordante tristezza che deriva dalla solitudine della protagonista, costretta a misurarsi con la mostruosa normalità che l'assedia dentro e fuori le mura domestiche. Soltanto il figlio folle e alienato della signora Givings intuisce la consunzione dell'amore coniugale e il deperimento della cartolina dentro la quale vivono i Wheeler, costretti a recitare in continuazione una sicurezza che non hanno. Saranno le sue parole prive di sfumature a incrinare la superficie levigata della loro vita, lasciando affondare sogni e ambizioni, sostegni e corazze, silenzi e ipocrisie.

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