29 gennaio 2009

3D

Mi guardo allo specchio e vedo una donna di trent'anni consapevole di sè e di cosa vuole. Non ho mai nascosto ultimamente le mie lacrime, la rabbia e a volte anche il dolore. Non quello fisico, per fortuna. Ma quello più insidioso perché latente e intestino. Il dolore di non avere appieno ciò che voglio. Di vivere talvolta a metà. Di non partecipare, se non in differita, a una vita parallela che tanto vorrei mi appartenesse. Eppure se mi guardo indietro e mi confronto con cos'ero, sono cambiata radicalmente. Non nei modi di fare, ma di essere. E sono cambiata nel mio essere donna al punto di aver maturato con calma, a piccoli passi e grandi emozioni, la dolcezza e il desiderio di una maternità. Che non significa volere un figlio a tutti i costi subito, ora e senza pensarci. Ma significa aver accettato con grande consapevolezza la condizione altruistica di essere femmina, ovvero di non dovere per forza e sempre mettere me stessa in primo piano ma vivere anche in funzione delle esigenze di una piccola parte di me che dipende dal mio mondo. E da quello dell'uomo che ho accanto. E solo l'idea di mettere al mondo un piccolo essere che ci assomigli mi riempie il cuore. Perché ora so che completerebbe la nostra dimensione. E anche la mia. Rendendomi donna in ogni sfumatura. Anche nello sguardo. Quello con cui guarderei te, lei, noi.

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